Cranio-Encefaliche

ANEURISMI INTRACRANICI

Dr. Nicola Benedetto - Dr. Andrea Di Rita

Un aneurisma (dal greco eurynein = “dilatare”) è una dilatazione localizzata di un’arteria che si sviluppa, per effetto della pressione del sangue, in corrispondenza di una zona di minore resistenza della parete del vaso (Fig.1).

Gli aneurismi intracranici si distinguono in vari tipi, a seconda della loro morfologia e del processo patologico che ne è alla base: - aneurismi sacciformi: di gran lunga i più frequenti. Sono causati da un difetto congenito di uno dei componenti della parete arteriosa (tonaca media);

- aneurismi fusiformi: dovuti in genere ad aterosclerosi;
- aneurismi infettivi (o micotici): causati da un’infezione della parete arteriosa sostenuta da germi presenti in circolo (tossicodipendenti, immunocompromessi, stati settici gravi…)
- aneurismi post-traumatici: conseguenti ad una lesione traumatica dell’arteria. Sono dovuti il più delle volte a traumi penetranti (arma da fuoco) o a manipolazione chirurgica.

Gli aneurismi sacciformi interessano le grandi arterie della base dell’encefalo (poligono arterioso di Willis). In particolare, gli aneurismi si formano in corrispondenza dei punti di biforcazione o di curvatura delle arterie, dove maggiore è la forza esercitata dalla corrente ematica sulla parete del vaso (Fig.2).

Un tipico aneurisma sacciforme è costituito da un colletto, ossia una porzione ristretta che lo collega al vaso di origine, e da una cupola (Fig.3).

Fig 1 Fig 2

Figura 1 e Figura 2

Fig 3

Figura 3

Frequenza
Gli aneurismi intracranici sono relativamente frequenti: da studi autoptici e radiologici risulta che il 2-6% degli individui ne è portatore. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, tali lesioni restano asintomatiche nell’arco dell’intera vita.

Manifestazioni cliniche
Un aneurisma intracranico in genere non si manifesta clinicamente a meno che non vada incontro a rottura. In alcuni casi, tuttavia, un aneurisma intatto può determinare sintomi neurologici (spesso disturbi visivi) dovuti a compressione delle strutture nervose adiacenti. Ciò si verifica prevalentemente nel caso di aneurismi di grandi dimensioni.
La rottura di un aneurisma produce un particolare tipo di emorragia intracranica, detta emorragia subaracnoidea.

Fig 4

Diagnosi
L’esame più accurato per la diagnosi di aneurisma è l’angiografia cerebrale, che permette di visualizzare chiaramente l’intero circolo cerebrale. Essa consente di definire con precisione la sede e la morfologia dell’aneurisma e tali informazioni risultano essenziali per la scelta e la pianificazione del trattamento (Fig.4). L’angiografia si basa sull’iniezione intra-arteriosa di mezzo di contrasto radiopaco e nella successiva acquisizione di

Figura 4

radiogrammi in più proiezioni. Si tratta di una metodica invasiva: il mezzo di contrasto infatti viene iniettato direttamente nelle arterie che irrorano l’encefalo per mezzo di un catetere, inserito in anestesia locale a livello dell’arteria femorale.

L’ angio-TC è da considerarsi un esame diagnostico alternativo (Fig.5). Presenta una accuratezza diagnostica simile a quella dell’angiografia e risulta, rispetto a quest’ultima, meno invasiva. Infatti, nel caso dell’angio-TC , il mezzo di contrasto viene iniettato in una vena periferica, senza la necessità di ricorrere ad un catetere vascolare.

Fig 5

 

Nonostante il continuo affinamento della metodica, la sensibilità dell’angio-TC resta, almeno al momento, inferiore rispetto a quella dell’angiografia. Pertanto, qualora l’angio-TC risulti negativa e di fronte ad un fondato sospetto clinico, può essere necessario effettuare comunque una angiografia convenzionale.

Figura 5

 

Fig 6L’Angio-RM è un esame non invasivo. Riveste al momento un ruolo complementare all’angiografia e all’angio-TC ed è utilizzata soprattutto per lo studio degli aneurismi di grandi dimensioni (aneurismi giganti) (Fig. 6).

La RM è inoltre l’esame di scelta per lo screening di aneurismi intatti nei pazienti asintomatici a rischio (vedi oltre).

 

 

Figura 6

 

EMORRAGIA SUBARACNOIDEA
L’emorragia subaracnoidea (ESA) da rottura di aneurisma intracranico è gravata da un’alta mortalità (quasi il 50% ad un mese) ed è spesso causa di disabilità nelle persone colpite. Il picco di incidenza per età è attorno ai 55 anni.
Il sintomo più frequente dell’ESA è la cefalea, che può associarsi a vomito o a transitoria perdita di coscienza. La gravità del quadro clinico dipende dall’entità del sanguinamento e può variare da un semplice mal di testa sino alla comparsa di importanti deficit neurologici o al coma. Le condizioni cliniche del paziente al momento del sanguinamento costituiscono uno dei più importanti indici prognostici.
In alcuni casi l’ESA determina morte improvvisa (il 10% dei decessi avviene prima dell’arrivo in ospedale).
Nel 30% dei casi una ESA conclamata è preceduta da lievi episodi di cefalea (cefalee sentinella), causati da sanguinamenti di piccola entità o da aumenti di volume dell’aneurisma che preludono alla sua rottura.

Fig 7

Figura 7

TC cranio di un paziente con emorragia subaracnoidea: presenza di sangue (bianco) nello spazio subaracnoideo.

Diagnosi
L’ESA viene diagnosticata mediante la TC del cranio, metodica ormai largamente diffusa nei dipartimenti di emergenza (Fig.7).

Complicanze dell’emorragia subaracnoidea
Nei giorni successivi all’evento acuto, il paziente con ESA è esposto al rischio di un ulteriore deterioramento clinico, dovuto alle profonde alterazioni fisiopatologiche indotte dal sanguinamento.

Risanguinamento
Il rischio di risanguinamento di un aneurisma è molto elevato nei primi giorni successivi alla rottura. Il rischio complessivo è del 19% nelle prime due settimane ed è massimo (4%) nelle prime 24 ore.
Il verificarsi di un secondo evento emorragico a breve distanza dal primo comporta, come è intuibile, gravi conseguenze: il risanguinamento si associa ad un incremento di mortalità di circa il 75%. Il solo metodo in grado di prevenire efficacemente il risanguinamento è l’esclusione dell’aneurisma dal circolo mediante trattamento chirurgico o endovascolare.

Fig 8 Fig 9

Figura 8 e Figura 9

Idrocefalo
Quando un aneurisma va incontro a rottura il sangue fuoriuscito si accumula nello spazio subaracnoideo, situato attorno all’encefalo, in cui normalmente circola il liquido cefalorachidiano o liquor. La circolazione del liquor può quindi essere alterata e ciò può portare ad una dilatazione patologica dei ventricoli cerebrali, all’interno dei quali il liquor viene continuamente prodotto. Tale situazione, detta idrocefalo, determina un aumento della pressione endocranica e quindi una ulteriore sofferenza cerebrale (Fig.8).
La diagnosi di idrocefalo viene posta con la TC cranio, che evidenzia l'aumento di volume dei ventricoli (Fig. 9).

Idrocefalo acuto:
Si verifica nel 20% circa dei pazienti ed è causato dal sangue stesso, che determina un ostacolo diretto alla circolazione del liquor. L’idrocefalo acuto causa un rapido deterioramento delle condizioni neurologiche e può essere rapidamente fatale. Esso deve essere quindi tempestivamente trattato con una derivazione ventricolare esterna, posizionando cioè all’interno dei ventricoli un drenaggio che permetta la fuoriuscita del liquor e la conseguente riduzione della pressione endocranica. Il drenaggio viene mantenuto in sede per alcuni giorni.

Idrocefalo tardivo:
Si manifesta, in alcuni pazienti, qualche settimana dopo l’emorragia. In questo caso l’ostacolo alla circolazione liquorale è dovuto all’instaurarsi di un processo infiammatorio cronico nello spazio subaracnoideo.
L’idrocefalo tardivo determina un peggioramento neurologico più lento ma progressivo e deve essere trattato chirurgicamente per mezzo di una derivazione ventricolo-peritoneale. Si tratta di una derivazione permanente grazie alla quale il liquor in eccesso viene convogliato, attraverso un sottile catetere sottocutaneo, nella cavità peritoneale, dove viene successivamente riassorbito.

 

Fig 10

Vasospasmo
Il vasospasmo cerebrale è un restringimento delle arterie cerebrali, dovuto all’effetto irritativo esercitato sulla parete dei vasi dal sangue fuoriuscito (Fig.10).
Si tratta di una complicanza precoce dell’ESA, che si verifica nelle prime due settimane successive al sanguinamento. Il vasospasmo comporta una diminuzione dell’apporto di sangue al tessuto nervoso (ischemia).

 

Figura 10

 

Il vasospasmo causa un aggravamento del quadro neurologico nel 28-30% dei pazienti, è causa di disabilità nel 6% dei casi e di morte nel 7%.
La prevenzione del danno ischemico causato dal vasospasmo si basa sulla rimozione del sangue dallo spazio subaracnoideo mediante drenaggio liquorale (ventricolare o lombare), sull’uso di farmaci vasodilatatori (calcio-antagonisti) e sull’aumento della pressione arteriosa.
L’insorgenza del vasospasmo può essere sospettata sulla base delle condizioni cliniche del paziente e della misurazione della velocità del sangue nelle arterie cerebrali mediante doppler trans-cranico. La diagnosi di certezza si fonda sull’angiografia cerebrale.
Il trattamento del vasospasmo ha lo scopo di favorire l’afflusso di sangue all’encefalo e consiste, in prima istanza, nell’aumento della pressione arteriosa. Nei casi gravi si ricorre a forme di trattamento endovascolare (angioplastica con palloncino o infusione locale di vasodilatatori).

Disturbi idro-elettrolitici
L’ESA può alterare i meccanismi neuro-endocrini che regolano la composizione dei liquidi corporei e causare quindi profonde alterazioni degli elettroliti ematici (sodio, potassio). A loro volta, tali squilibri possono dare luogo ad un grave peggioramento delle condizioni generali e neurologiche. Nel paziente con ESA vengono perciò attentamente monitorati gli elettroliti ematici e il bilancio idrico, al fine di riconoscere e correggere tempestivamente eventuali alterazioni.

 

Fig 11

Figura 11

Trattamento degli aneurismi
L’obiettivo del trattamento di un aneurisma è la sua completa e permanente esclusione dal circolo.

Trattamento chirurgico
Consiste nella chiusura selettiva del colletto con una o più clip in titanio (Fig 11). L’intervento chirurgico si esegue in anestesia generale. Esso richiede un’incisione cutanea in regione fronto-temporale e la creazione di uno sportello osseo. L’aneurisma e le strutture circostanti vengono esposti mediante dissezione microchirurgica.

Fig 12 Fig 13

Figura 12 e Figura 13

Fig 14 <fig 15

Figura 14 e Figura 15

Trattamento endovascolare
Il trattamento endovascolare mediante embolizzazione consiste nel rilascio all’interno dell’aneursima di sottili filamenti metallici (spirali in platino), allo scopo di rallentare il flusso ematico all’interno della sacca aneurismatica e di indurne in tal modo la trombosi. Le spirali vengono rilasciate attraverso un microcatetere che, dall’arteria femorale, viene progressivamente condotto sotto controllo angiografico sino al vaso cerebrale da cui origina l’aneurisma (Fig 12, 13, 14, 15).

Scelta del trattamento: chirurgico o endovascolare?

Grazie ai progressi tecnici e tecnologici della neuroradiologia interventistica, il trattamento endovascolare degli aneurismi si sta ampiamente diffondendo. Questo tipo di trattamento è spesso ben accettato dal paziente e dai familiari, poiché ritenuto minimamente invasivo.
Va tuttavia precisato che l’embolizzazione, al pari dell’intervento chirurgico, non è una procedura esente da complicanze, alcune delle quali anche molto gravi.
Inoltre, mentre l’intervento chirurgico consente nella maggior parte dei casi di ottenere l’esclusione completa e permanente dell’aneurisma, il trattamento endovascolare determina l’occlusione totale della lesione in non più del 70% dei casi. Si deve inoltre aggiungere che anche un aneurisma efficacemente embolizzato può, a distanza di tempo, riformarsi. Ciò è dovuto al fenomeno di “compattamento” del materiale embolizzante, che può consentire al flusso sanguigno di penetrare nuovamente nella sacca. I pazienti sottoposti ad embolizzazione devono quindi in ogni caso sottoporsi a periodici esami angiografici di controllo.
La scelta del trattamento deve tenere conto dei vantaggi e degli svantaggi di ciascuna procedura nel contesto del singolo caso clinico.
L’età e le condizioni generali del paziente rivestono un’importanza fondamentale in questa scelta: nel giovane, laddove praticabile, l’intervento chirurgico rappresenta la soluzione ottimale poiché è l’opzione che offre la maggiori garanzie di esclusione permanente dell’aneurisma. La scelta del trattamento è inoltre condizionata dalla sede e dalla morfologia dell’aneurisma. Ad esempio, negli aneurismi a colletto largo l’embolizzazione risulta spesso non praticabile e la chirurgia rappresenta l’unica opzione terapeutica. Viceversa, per alcuni aneurismi della porzione posteriore del circolo cerebrale (sistema vertebro-basilare), la chirurgia è gravata da un’alta percentuale di complicanze e l’embolizzazione costituisce il trattamento di scelta.

FAQ
Un aneurisma intatto deve essere sempre trattato?
La crescente diffusione e accessibilità delle metodiche di diagnostica neuroradiologica (TC e RM) ha fatto sì che, sempre più di frequente, aneurismi intatti vengano diagnosticati occasionalmente nel corso di esami svolti per altre ragioni (ad esempio per un trauma cranico).
Il paziente a cui sia stato diagnosticato un aneurisma intatto dovrebbe anzitutto sottoporsi ad una valutazione specialistica neurochirurgica e ad esami diagnostici mirati (angio-RM o se necessario angiografia convenzionale).
L’atteggiamento da tenere nei confronti di un aneurisma intatto dipende dal confronto fra il rischio di sanguinamento atteso e il rischio legato ad un eventuale trattamento (chirurgico o endovascolare). E’stato dimostrato che il rischio di sanguinamento di un aneurisma intatto dipende essenzialmente dalle sue dimensioni e della sua sede. Aneurismi di dimensioni esigue localizzati a livello del circolo anteriore presentano un rischio di sanguinamento molto ridotto (0% a 5 anni per aneurismi di diametro inferiore ai 7 mm). Per tali lesioni è giustificato un atteggiamento conservativo: i pazienti verranno seguiti nel tempo con esami angiografici periodici. Viceversa, per aneurismi di dimensioni maggiori e localizzati in sedi a maggior rischio, dovrà essere preso in considerazione il trattamento.

Quali sono i fattori di rischio?
I principali fattori di rischio modificabili associati alla presenza e alla rottura di aneurismi intracranici sono il fumo e l’ipertensione arteriosa. In particolare sembrano essere soprattutto gli aumenti di pressione improvvisi (come quelli che si verificano durante lo sforzo fisico intenso) a favorire la rottura.
I soggetti ipertesi e fumatori sono esposti ad un rischio di sanguinamento da aneurisma intracranico 15 volte maggiore rispetto ai normotesi non fumatori.

Gli aneurismi intracranici possono associarsi ad altre malattie?
Alcune malattie sistemiche si associano allo sviluppo di aneurismi intracranici (rene policistico dell’adulto, coartazione dell’aorta, alcune patologie del connettivo quali la sindrome di Ehlers-Danlos, la sindrome di Marfan, e lo Pseudoxanthoma elasticum).
I pazienti con rene policistico sono considerati a rischio particolarmente elevato e per essi è raccomandato lo screening mediante angio-RM.

Esiste familiarità? I parenti di un paziente con aneurisma devono sottoporsi a screening?
Nella maggior parte dei casi (90%) gli aneurismi sono sporadici, ovvero non ereditari.
Esistono tuttavia famiglie in cui viene ereditata una spiccata predisposizione a sviluppare tale patologia.
Lo screening è consigliato nei casi in cui in famiglia si abbiano almeno due casi già accertati, dei quali almeno uno sia un parente di primo grado.

 

Ultimo aggiornamento: 31 luglio 2008

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