Vertebro-Midollari

CIFOPLASTICA PERCUTANEA CON PALLONCINO NEL TRATTAMENTO DELLE FRATTURE VERTEBRALI DA OSTEOPOROSI.

Dr. Nicola Benedetto

INTRODUZIONE (Caso Clinico)
L'osteoporosi è, secondo la definizone dell'OMS, una patologia sistemica caratterizzata da una densità ossea inferiore a 2,5 deviazioni standard rispetto alla media della popolazione. Negli Stati UNiti ci sono circa 24 milioni di persone affette da osteoporosi2 ovvero, nella popolazione ultracinquantenne, una donna su tre ed un uomo su otto.

La principale complicanza dell’osteoporosi è costituita dalle fratture patologiche a carico degli arti e, soprattutto, del rachide (fig.1,2 e 3)

Fig 1    Fig 2

Figura 1: RX in latero-laterale che mostra la compressione dei corpi vertebrali di D10 e D12 (frecce rosse)

Figura 2: Un taglio Tc assiale rivela la rottura del terzo anteriore del soma vertebrale.

Fig 3

 

 

 

 

 

 

Figura 3: RMN sagittale pesata in T2: l'edema dei corpi vertebrali fratturati viene visualizzata come segnale di iperintensità

 

L’infrazione di uno o più corpi vertebrali causa dolore, disabilità ed un aumento della normale curvatura dorsale del rachide (cifosi patologica).

Questa cifotizzazione determina un’alterazione della biomeccanica vertebrale ed una ridistribuzione dei carichi, aumentando di 5 volte il rischio di una nuova frattura vertebrale5; essa causa inoltre un’ espansione viziata della gabbia toracica con problemi di ventilazione, successiva affaticabilità, allettamento e quindi ulteriore demineralizzazione ossea. In definitiva si instaura una spirale viziosa con un aumento di mortalità del 23%6 rispetto a soggetti osteoporotici non portatori di fratture vertebrali (fig 4). Nel tempo, dal punto di vista terapeutico, si è passati dal riposo coadiuvato da analgesici e busto sino alla più promettente vertebroplastica.

Questa tecnica consiste nell’iniettare, per via transcutanea, una soluzione ad alta pressione di Polimetilmetacrilato (PMMA) nel corpo vertebrale. Il consolidamento così ottenuto riduce il dolore1; tuttavia nel tempo sono emersi due grandi limiti di questa procedura:1. il PMMA iniettato ad alta pressione determina stravasi di cemento e quindi possibili embolie nel 65%3 dei casi.

2. la procedura non ripristina l’altezza fisiologica del soma vertebrale e pertanto non risolve i suddetti problemi biomeccanici.

Per ovviare queste limitazioni è stata introdotta, nel 1998, una nuova tecnica di consolidamento osseo denominata Cifoplastica. Tale metodica consente l’iniezione di PMMA a bassa pressione e riporta l’altezza del corpo vertebrale fratturato al valore precedente il trauma.

Fig 4

Figura 4

CIFOPLASTICA CON PALLONCINO - INDICAZIONI
Questa metodica è indicata in tutte le fratture vertebrali dolorose, osteoporotiche od osteolitiche delle vertebre toraciche o lombari causate da:

- Osteoporosi primaria
- Osteoporosi secondaria (es. ipercorticosurrenalismo, ipopara- tiroidismo primitivo e secondario)
- Metastasi neoplastica osteolitica (es. mieloma multiplo)

CIFOPLASTICA CON PALLONCINO - CONTROINDICAZIONI

Assolute

Gravidanza (è necessario l’uso di raggi x)
Anomalie della coagulazione (es. coagulopatie e trombocitopatie congenite e acquisite)
Tecnicamente irrealizzabile (vertebra plana)
Neoplasie vertebrali osteoblastiche (es. osteoblastoma)
Osteomielite
Frattura occorsa più di 6 mesi prima.

Relative

Grave allergia allo iodio (si utilizza gadolinio)

Fig 5  Fig 6

Figura 5: Immagine fluoroscopica in proiezione AP con repere radiopaco posizionato sui peduncoli d'interesse.
Figura 6: Campo operatorio: è possibile individuare le incisioni laterali ai reperi.

 

Fig 7   Fig 8

Figura 7: Posizionamento dell'ago di Jamshidi in fluoroscopia.
Figura 8: Controllo fluoroscopico del corretto posizionamento dell'ago di Jamshidi

CIFOPLASTICA CON PALLONCINO
TECNICHE D'ESECUZIONE
La procedura ha inizio con il corretto posizionamento del paziente che viene disteso prono su di un tavolo operatorio radiotrasparente; due rotoli collocati sotto lo sterno e la cresta iliaca consentono la corretta riduzione posturale. Un amplificatore di brillanza è posto in modo da poter scattare agevolmente proiezioni in Antero-Posteriore (AP) ed in Latero-Laterale (LL). Successivamente si procede all’individuazione del peduncolo mediante repere radiologico in proiezione AP (fig.5); viene quindi praticata una minima incisione longitudinale a circa 1 cm. di distanza dal repere (fig.6). Subito dopo si utilizza un ago di Jamshidi da 11 G che, sotto controllo radioscopico in AP ed LL, viene introdotto per via transpeduncolare all’interno del corpo vertebrale per un massimo di 2 mm. (fig. 7 ed 8). Rimosso il mandrino interno, si provvede ad inserire un filo guida sul quale far scorrere successivamente una punta da trapano di precisione.

Fig 9

Figura 9 : Tampone osseo gonfiabile (IBT)

Fig 10   Fig 11

Figura 10: Posizionamento dell'IBT in fluroscopia
Figura 11: Disegno schematizzante l'introduzione transpeduncolare dell'IBT

Quest’ ultima viene utilizzata per perforare, sempre sotto controllo radioscopico, il corpo vertebrale sino a 2-3mm dal muro vertebrale anteriore dopodiché si rimuove ed al suo posto si introduce il tampone osseo gonfiabile (IBT) (Fig. 9, 10 ed 11).

 

Fig 12   Fig 13

Figura 12: Posizionemanto dell'ago di Jamshidi nel peduncolo controlaterale
Figura 13: Immagine fluroscopica dei due IBT enflati all'interno del soma vertebrale

Fig 14   Fig 15

Figura 14: I dispositivi IBT vengono gonfiati simultaneamente
Figura 15: Schema dell'IBT posizionato e gonfiato all'interno del corpo vertebrale

Fig 16 Fig 17  Fig 18

Figura 16: L'IBT, sgonfiato, viene estratto.
Figura 17: Si inietta PMMA nel corpo vertebrale cavitato con l'IBT.
Figura 18: L'iniezione del PMMA viene monitorizzata mediante fluoroscopia

Una pompa con manometro digitale viene collegata all’IBT e si procede al gonfiaggio del dispositivo sino al raggiungimento di 50 psi (3,4 atm) per bloccarlo definitivamente mentre si esegue la procedura nel peduncolo controlaterale (fig. 12). Quando entrambi i dispositivi gonfiabili sono in sede vengono enflati simultaneamente, iniettando in maniera progressiva piccole quantità di soluzione radiopaca (fig. 13,14 e 15) sino al raggiungimento di uno dei punti di stop:

1. Riallineamento delle limitanti vertebrali

2. Raggiungimento di 300 psi (20,4 atm) senza decadimento

3. Raggiungimento del volume massimo di gonfiaggio (4 o 6 cc a seconda del modello)

4. Contatto dell’IBT con una delle corticali.

Fig 19   Fig 20

Figura 19: Il soma è riempito dal cemento
Figura 20: Controllo radioscopico effettuato alla fine della procedura

Terminata la procedura con IBT si sgonfiano i dispositivi (fig. 16) e si introducono due cannule riempite con PMMA reso fluoroscopicamente visibile e, sotto controllo radioscopico in LL ed AP, si inietta la cavità creata con i due IBT (fig. 17,18,19 e 20).

L’intera procedura è valida per le vertebre comprese tra D10 ed L5 ed è simile, ma con approccio extrapeduncolare, per le vertebre D5-D12.

 

CIFOPLASTICA CON PALLONCINO - RISULTATI
I risultati ottenuti dalla cifoplastica sono davvero incoraggianti, infatti ben il 95% dei soggetti trattati ottiene un effetto analgesico dalla procedura3; mentre il 30% dei pazienti non deambulanti o deambulanti con assistenza ritorna, ad un mese dalla procedura, alla piena autonomia misurata con scala ADL7. Dal punto di vista biomeccanico la procedura garantisce nel 70% dei pazienti un ripristino del 50% dell’altezza del corpo vertebrale7. L’unica complicanza riportata in letteratura è rappresentata dallo stravaso di PMMA nell’8,6% dei casi, asintomatico ed in nessun caso intracanalare7.

CIFOPLASTICA CON PALLONCINO - CONCLUSIONI
Da quanto appena esposto si evince in maniera chiara che il trattamento d’elezione per le fratture vertebrali in soggetti osteoporotici o portatori di lesioni osteolitiche sia rappresentato dalla Cifoplastica. Questa procedura, che mantiene le caratteristiche di mini invasività della vertebroplastica, offre maggiori garanzie in termini di sicurezza e permette il ripristino di una condizione biomeccanica del rachide accettabile.

 

BIBLIOGRAFIA

1. Amar AP et al. Percutaneous transpedicular polymethylmethacrylate vertebroplasty for the treatment of spinal compression fractures. Neurosurgery 49: 1105-115, 2001

2. Cooper C et al. Population-based study of survival after osteoporotic fractures Am J Epidemiol 137:1001-1005, 1993

3. Gangi et al. Am J Neurorad 1994

4. Garfin et al NASS 2000

5. Heaney RP:The natural history of vertebral osteoporosis. Is low bone mass an epiphenomenon? Bone 13:S2-S26, 1992

6. Kado et al. Arch Intern Med 1999

7. Ledlie JT et al: Balloon kyphoplasty: one year outcomes in vertebral body height restoration, chronic pain, and activity levels J Neurosurg (Spine 1) 98:36-42, 2003

 

CASO CLINICO

 

Fig 21   Fig 22

Figura 21: RX rachide lombare. La freccia rossa indica il soma di L1
Figura 22: Ricostruzione sagittale TC rachide lombare: si apprezza la riduzione di altezza del muro anteriore.

Presentiamo il caso di una paziente di 68 anni affetta da osteoporosi di tipo I giunta alla nostra osservazione per una sintomatologia lombosciatalgica destra iniziata un mese prima in maniera improvvisa, e receduta in seguito grazie ad una terapia con FANS e corticosteroidi.

Due settimane dopo il primo episodio, durante una flessione del tronco sul bacino, è ricomparsa nuovamente la sintomatologia descritta in precedenza, pertanto la paziente ha eseguito, dietro consiglio medico, un RX ed una TC del rachide lombosacrale che hanno mostrato una frattura da compressione del soma di L1. (Fig 21 e 22). L'esame obbiettivo ha rilevato esclusivamente dolore e dolorabilità in regione lombare, irradiati anteriormente con distribuzione a fascia.

 

Fig 23   Fig 24

Figura 23: RM insequenza STIR del rachide lombare, è evidente l'iperntensità del corpo di L1
Figura 24: Scopia in LL dei due palloncini posti nella sede di frattura

Durante il ricovero è stata eseguita una RM del rachide lombare che, nelle sequenze di soppressione del grasso (STIR), ha mostrato una iperintensità di segnale presente a livello del sopma di L1, segno di una frattura recente. (Fig. 23)

In ragione dell'osteoporosi e della datazione recente della frattura, si è deciso di trattare la lesione con metodica di cifoplastica percutanea.

 

Fig 25   Fig 26

Figura 25: Scopia in AP effettuata al termine della procedura: il polimetilmetacrilato riempie "a stampo" il corpo di L1.
Figura 26: Foto intraoperatoria: si notino le dimensioni delle due incisioni

INTERVENTO
Posta la paziente in decubito prono, si è provveduto ad inserire per via transpeduncolare due palloncini che sono stati enflati (fig. 24) e successivamente rimossi. Ripristinata l'altezza del corpo fratturato, è stato iniettato, nella cavità venutasi a formare, del polimetilmetacrilato. Una scopia di controllo effettuata al termine della procedura ha confermato il buon posizionamento del cemento acrilico (fig. 25). L'intera procedura si è svolta in tempi brevi e con una minima invasisività (fig. 26)

Fig 27   Fig 28

Figura 27 e Figura 28

Una RX ed una TC eseguiti nel post-operatorio hanno mostrato l'avvenuto consolidamento del soma fratturato (fig. 27 e 28). Dal punto di vista clinico la paziente è rapidamente migliorata risolvendo del tutto la sintomatologia algica.

 

Ultimo aggiornamento: settembre 2004

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