L’osteoporosi è, secondo la definizione dell’OMS, una patologia sistemica caratterizzata da una densità ossea inferiore a 2,5 deviazioni standard rispetto alla media della popolazione. Negli Stati Uniti ci sono circa 24 milioni di persone affette da osteoporosi2 ovvero, nella popolazione ultracinquantenne, una donna su tre ed un uomo su otto.
La principale complicanza dell’osteoporosi è costituita dalle fratture patologiche a carico degli arti e, soprattutto, del rachide (fig.1,2 e 3).
La procedura ha inizio con il corretto posizionamento del paziente che viene disteso prono su di un tavolo operatorio radiotrasparente; due rotoli collocati sotto lo sterno e la cresta iliaca consentono la corretta riduzione posturale. Un amplificatore di brillanza è posto in modo da poter scattare agevolmente proiezioni in Antero-Posteriore (AP) ed in Latero-Laterale (LL). Successivamente si procede all’individuazione del peduncolo mediante repere radiologico in proiezione AP (fig.5); viene quindi praticata una minima incisione longitudinale a circa 1 cm. di distanza dal repere (fig.6). Subito dopo si utilizza un ago di Jamshidi da 11 G che, sotto controllo radioscopico in AP ed LL, viene introdotto per via transpeduncolare all’interno del corpo vertebrale per un massimo di 2 mm. (fig. 7 ed 8). Rimosso il mandrino interno, si provvede ad inserire un filo guida sul quale far scorrere successivamente una punta da trapano di precisione.
Quest’ ultima viene utilizzata per perforare, sempre sotto controllo radioscopico, il corpo vertebrale sino a 2-3mm dal muro vertebrale anteriore dopodiché si rimuove ed al suo posto si introduce il tampone osseo gonfiabile (IBT) (Fig. 9, 10 ed 11).
Una pompa con manometro digitale viene collegata all’IBT e si procede al gonfiaggio del dispositivo sino al raggiungimento di 50 psi (3,4 atm) per bloccarlo definitivamente mentre si esegue la procedura nel peduncolo controlaterale (fig. 12). Quando entrambi i dispositivi gonfiabili sono in sede vengono enflati simultaneamente, iniettando in maniera progressiva piccole quantità di soluzione radiopaca (fig. 13,14 e 15) sino al raggiungimento di uno dei punti di stop:
1. Riallineamento delle limitanti vertebrali
2. Raggiungimento di 300 psi (20,4 atm) senza decadimento
3. Raggiungimento del volume massimo di gonfiaggio (4 o 6 cc a seconda del modello)
4. Contatto dell’IBT con una delle corticali.
Terminata la procedura con IBT si sgonfiano i dispositivi (fig. 16) e si introducono due cannule riempite con PMMA reso fluoroscopicamente visibile e, sotto controllo radioscopico in LL ed AP, si inietta la cavità creata con i due IBT (fig. 17,18,19 e 20).
L’intera procedura è valida per le vertebre comprese tra D10 ed L5 ed è simile, ma con approccio extrapeduncolare, per le vertebre D5-D12.
I risultati ottenuti dalla cifoplastica sono davvero incoraggianti, infatti ben il 95% dei soggetti trattati ottiene un effetto analgesico dalla procedura3; mentre il 30% dei pazienti non deambulanti o deambulanti con assistenza ritorna, ad un mese dalla procedura, alla piena autonomia misurata con scala ADL7. Dal punto di vista biomeccanico la procedura garantisce nel 70% dei pazienti un ripristino del 50% dell’altezza del corpo vertebrale7. L’unica complicanza riportata in letteratura è rappresentata dallo stravaso di PMMA nell’8,6% dei casi, asintomatico ed in nessun caso intracanalare7.
Da quanto appena esposto si evince in maniera chiara che il trattamento d’elezione per le fratture vertebrali in soggetti osteoporotici o portatori di lesioni osteolitiche sia rappresentato dalla Cifoplastica. Questa procedura, che mantiene le caratteristiche di mini invasività della vertebroplastica, offre maggiori garanzie in termini di sicurezza e permette il ripristino di una condizione biomeccanica del rachide accettabile.
Per maggiori informazioni info@neurochirurgiafirenze.it
Bibliografia
1. Amar AP et al. Percutaneous transpedicular polymethylmethacrylate vertebroplasty for the treatment of spinal compression fractures. Neurosurgery 49: 1105-115, 2001
2. Cooper C et al. Population-based study of survival after osteoporotic fractures Am J Epidemiol 137:1001-1005, 1993
3. Gangi et al. Am J Neurorad 1994
4. Garfin et al NASS 2000
5. Heaney RP:The natural history of vertebral osteoporosis. Is low bone mass an epiphenomenon? Bone 13:S2-S26, 1992
6. Kado et al. Arch Intern Med 1999
7. Ledlie JT et al: Balloon kyphoplasty: one year outcomes in vertebral body height restoration, chronic pain, and activity levels J Neurosurg (Spine 1) 98:36-42, 2003
Presentato dal Dott. N. Benedetto
CIFOPLASTICA PERCUTANEA CON PALLONCINO NEL TRATTAMENTO DELLE FRATTURE VERTEBRALI DA OSTEOPOROSI.
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Fig. 1 RX in latero-laterale che mostra la compressione dei corpi vertebrali di D10 e D12 (frecce)
Fig. 2 Un taglio Tc assiale assiale rivela la rottura del terzo anteriore del soma vertebrale.
Fig. 3 RMN sagittale pesata in T2: l'edema dei corpi vertebrali fratturati viene visualizzata come segnale di iperintensità
L’infrazione di uno o più corpi vertebrali causa dolore, disabilità ed un aumento della normale curvatura dorsale del rachide (cifosi patologica).
Questa cifotizzazione determina un’alterazione della biomeccanica vertebrale ed una ridistribuzione dei carichi, aumentando di 5 volte il rischio di una nuova frattura vertebrale5; essa causa inoltre un’ espansione viziata della gabbia toracica con problemi di ventilazione, successiva affaticabilità, allettamento e quindi ulteriore demineralizzazione ossea. In definitiva si instaura una spirale viziosa con un aumento di mortalità del 23%6 rispetto a soggetti osteoporotici non portatori di fratture vertebrali (fig 4). Nel tempo, dal punto di vista terapeutico, si è passati dal riposo coadiuvato da analgesici e busto sino alla più promettente vertebroplastica.
Questa tecnica consiste nell’iniettare, per via transcutanea, una soluzione ad alta pressione di Polimetilmetacrilato (PMMA) nel corpo vertebrale. Il consolidamento così ottenuto riduce il dolore1; tuttavia nel tempo sono emersi due grandi limiti di questa procedura:1. il PMMA iniettato ad alta pressione determina stravasi di cemento e quindi possibili embolie nel 65%3 dei casi.
2. la procedura non ripristina l’altezza fisiologica del soma vertebrale e pertanto non risolve i suddetti problemi biomeccanici.
Per ovviare queste limitazioni è stata introdotta, nel 1998, una nuova tecnica di consolidamento osseo denominata Cifoplastica. Tale metodica consente l’iniezione di PMMA a bassa pressione e riporta l’altezza del corpo vertebrale fratturato al valore precedente il trauma.
Questa metodica è indicata in tutte le fratture vertebrali dolorose, osteoporotiche od osteolitiche delle vertebre toraciche o lombari causate da:
-Osteoporosi primaria
-Osteoporosi secondaria (es. ipercorticosurrenalismo, ipopara- tiroidismo primitivo e secondario)
-Metastasi neoplastica osteolitica (es. mieloma multiplo)
Assolute
Gravidanza (è necessario l’uso di raggi x)
Anomalie della coagulazione (es. coagulopatie e trombocitopatie congenite e acquisite)
Tecnicamente irrealizzabile (vertebra plana)
Neoplasie vertebrali osteoblastiche (es. osteoblastoma)
Osteomielite
Frattura occorsa più di 6 mesi prima.
Relative
Grave allergia allo iodio (si utilizza gadolinio)
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Fig. 6 Campo operatorio: è possibile individuare le incisioni laterali ai reperi.
Fig. 7 Posizionamento del'ago di Jamshidi in fluoroscopia.
Fig. 8 Controllo fluoroscopico del corretto posizionamento dell'ago di Jamshidi
Fig. 5 Immagine fluoroscopica in proiezione AP con repere radiopaco posizionato sui peduncoli d'interesse.
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Fig. 9 Tampone osseo gonfiabile (IBT)
Fig. 10 Posizionamento dell'IBT in fluroscopia
Fig. 11 Disegno schematizzante l'introduzione transpeduncolare dell'IBT
Fig. 12 Posizionemanto dell'ago di Jamshidi nel peduncolo controlaterale
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Fig. 14 I dispositivi IBT vengono gonfiati simultaneamente
Fig. 13 Imaagine fluroscopica dei due IBT enflati all'interno del soma vertebrale
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Fig. 15Schema dell'IBT posizionato e gonfiato all'interno del corpo vertebrale
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Fig. 16 L'IBT, sgonfiato, viene estratto.
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Fig. 17 Si inietta PMMA nel corpo vertebrale cavitato con l'IBT.
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Fig. 18 L'iniezione del PMMA viene monitorizzata mediante fluoroscopia
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Fig. 19 Il soma è riempito dal cemento
Fig. 20 Controllo radioscopico effettuato alla fine della procedura
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